Oggi è il primo giorno in Sri Lanka. Tutto è cominciato partendo dall'Italia e facendo scalo a Delhi. Una volta giunti in hotel, un po' per il fuso, l'aver dormito a tratti negli aerei e nel bus e un po' per l'adrenalina, decido che non è ora di andare a dormire (ore 23.30 con partenza dall'hotel alle 6). C'era una specie di festa nella sala da pranzo, in quanto oggi è la vigilia di natale. Prendo la guida, il programma e decido di andare nella hall per documentarmi sul giorno seguente. Uscendo, anche il mio compagno di stanza vuole stare un po' nella hall, allora gli dico che gli offro una birra. Una volta nella hall incontriamo un altro del gruppo che vorrebbe bere qualcosa. Chiedo, ma in hotel è tutto chiuso dalle 21. Decidiamo di andare verso il centro, che dista un chilometro, a piedi. La strada è praticamente buia, illuminata da qualche lampione giallo. Ci passa accanto qualche tuk tuk e chiediamo se ci può portare a un bar. Al che, chiama con il suo telefono simil-nokia dei primi anni 2000, ma appena attacca ci dà la brutta notizia che è tutto chiuso. Noi decidiamo di andare in ogni caso verso il centro. Camminando scorgiamo sulla destra un enorme budda bianco, seduto, illuminato, sopra a una collina. Il mio compagno di stanza inizia a fotografarlo. È di lato e più ci avviciniamo al centro, fiancheggiandolo, più ne scorgiamo il volto e la parte frontale. Sempre il mio compagno ci dice che potremmo raggiungerlo, ma dovremmo andare al di là della collina e poi iniziare a salire. Con un dislivello di qualche centinaio di metri. Troppo da camminare e completamente buio. In tutto ciò, alzando lo sguardo ammiro la luna e colgo il fatto che le sue macchie siano a testa in giù. Fa sempre strano vederla così. In ogni caso continuiamo a camminare e arriviamo a un incrocio. Il mio compagno di stanza armeggia col telefono sulle mappe e mi mostra che la strada è di qualche chilometro aggirando la collina. Vedo un tuk tuk che ci viene incontro, è un segno: lo fermo e gli chiediamo quanto vuole per arrivare alla statua del budda. Due euro e mezzo per portare noi tre, la vigilia di natale, al buio, a vedere un budda gigante con un mezzo che è cugino di un apecar: è non solo un affare, ma un'avventura che sta per iniziare. Saliamo in tre dietro, schiacciati come sardine. Iniziamo a salire la collina e sentiamo che il mezzo fa fatica. Troppa. Ad un certo punto, in salita, si spegne e iniziamo ad andare indietro. Panico. Ma l'autista sembra tranquillo e navigato. Tiene il tuk tuk fermo e prova a rimetterlo in moto tirando una grossa leva più volte. Non ne vuole sapere. E a volte molla il freno e continuiamo l'inesorabile discesa all'indietro. Ah, la strada ha dei tornanti e va su molto ripida, con un muretto bianco di protezione alto una trentina di centimetri, non sempre presente. Ad un certo punto gira il mezzo di traverso, prima di una curva, in mezzo alla strada, in modo tale da farlo poggiare al muretto. Scende e va dietro. Scendiamo tutti. Apre lo sportello del motore ed esce del fumo. Ops. Siamo in mezzo al nulla e al buio. Decidiamo comunque di voler arrivare in cima. Diciamo all'autista di aspettarci là (!) che poi ci avrebbe riportato indietro. Scuote la testa come per dire no. Io insisto cambiando parole, forse non ci stiamo capendo. Scuote la testa. Mi viene in mente che hanno questa differenza rispetto a noi: il no è un sì! Mancano duecento metri all'arrivo, ci mettiamo in cammino. Sono due curve, ma con un dislivello poco impegnativo. Arriviamo verso quella che sembra la fine, ma c'è solo un piccolo altare con un budda e tantissimo color oro e rosso. Un piccolo ripiano di vetro con dei petali bianche e viola sopra. Silenzio, il rumore di qualche animale (salendo ci ha attraversato la strada un daino) e la certezza che poco prima si sia consumato un rituale sacro. Ci spostiamo di lato e notiamo che il budda ci dà le spalle, da un'altra zona della collina. Gli andiamo incontro. Arriviamo, è enorme. Dobbiamo raggirarlo, e un cartello giallo ci segnala che dobbiamo toglierci le scarpe. Stiamo entrando in un luogo sacro. Le togliamo e andiamo davanti. Giriamo intorno alla struttura, illuminata, con tanti archi, si intravedono delle stanze e delle scale all'interno. Sopra il budda, bianco, grande, alto almeno dieci metri, seduto, che ammira la città sotto la collina. Davanti a lui sei altari, anch'essi con petali sopra. Scattiamo qualche foto e decidiamo di rientrare. Il tuk tuk è arrivato in cima a prenderci. Scendiamo con lui, accompagnamo l'autista a fare benzina e ci riporta all'hotel. Non senza sbagliare strada, perché aveva capito un altro hotel. E noi abbiamo capito che qui non si pronuncia come si scrive, qualche lettera bisogna non dirla.
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